domenica 10 luglio 2011

La strada non è la via.

"Ognuno ha la sua strada"
E' stancante sentir ripetere questa frase, che arriva spesso e volentieri in seguito a un momento di disaccordo, davanti alla manifestazione evidente dell'umano che si finge spirituale che, non vedendo i propri numeri coincidere con quelli posti d'innanzi a lui, si rende separato da tutto quanto, nella debole speranza che sia la propria esperienza a dargli la strada da percorrere, speranza che nemmeno conosce e che chiama "sentire il proprio sè superiore".
Certo, perchè se in me ho certe speranze, queste speranze si dimostreranno le guide esatte del mio cammino nascosto, del mio unico destino...ma se io ho queste speranze, vorrebbe dire che so per certo che sono derivate dalla mia mèta, che, in qualche modo, dovrei già conoscere e questo, è terribilmente paradossale.
Quindi, la strada, non è la via.
La via è già il fine che si palesa innanzi a me, che non mi permette di dire "ognuno ha la sua strada" ma mi fa dire"ognuno deve trovare la via" e, proprio quando senti un disturbo un fastidio, una cozzaglia di malumore e paura "nascosta" di fronte alle parole di qualcuno che mostra la propria verità, non necessariamente in contrasto con la tua, vuol dire che stai girando a vuoto.
Sei su una strada ma è semplicemente la tua vita, la reazione alle tue esperienze, al tuo modo di essere per reazione, una strada illuminata che è la risultante della poca luce che il buio della paura non annega nel non percepibile.
Siamo in grado di pensare di esistere senza il nostro nome, senza Buddha, Gesù, Dio o la nostra anima?
Siamo in grado di morire ridendo e provare quell'orgasmo terrificante che fa aprire gli occhi, anche solo per un istante e che paralizza l'esperienza, rendedola debole e effettivamente percepita per come è, ovvero, figlia del tempo?
Riusciamo a dire "sono mortale e posso non esistere" obbligando la mente cadere nel dirupo con me, senza ripensamenti?
La via è guardare oltre la morte, l'ultimo tabù, l'ultima notte della nostra vita orgogliosa e pilotata da noi stessi-finti.
"Ognuno ha la sua strada" è la morte non affrontata, "ognuno deve trovare la via" è l'aria nei polmoni che non può smettere di splendere senza sosta è la morte superata come livello di superamento della paura totale.
Nessuno può sapere cosa è il messaggio, se è ancora fermo con gli occhi puntati su chi l'ha proferito, nessuno può sapere cos'è il messaggio, fino a che non ci si costringe a dirlo, come unica voce.
La via è il mezzo, il mezzo per la via stessa...se non riesci a pensare, anche per un istante, che sei l'ultima cellula dell'ultimo organismo  nella fossa delle Marianne, non puoi pensare di sapere cosa è giusto per te, perchè "te" è la tua esperienza.
Mi spiace vedere lo gnostico che si offende quando qualcuno bestemmia, mi spiace vedere il santo che si scandalizza, mi spiace vedere il semi-Dio che "non crede sia giusto" arrabbiarsi, perchè vedo bugie...il messaggio, la via è tollerabile in quanto non-pensabile, è emanato e non proferibile, nessuna parola terrena può scalfire la via, a meno che non ci sia persi in una strada.
Una montagna non piange se qualcuno offende il mare che l'ha generata, un abisso non diventa una pozza solo perchè qualcuno non crede ad esso, io muoio solo perchè lo voglio e non perchè qualcuno mi uccide e nel farlo, vedo che il malessere che mi circonda è solo un immenso errore che portavo dentro di me.
"ognuno ha la sua strada" ma quella  strada è la croce che tutti si portano appresso...fino a che non affrontiamo quella croce, la strada per il golgota, sarà infinita, la via arriva dopo e non passa per la rabbia, la paura, i nomi, i fatti, le azioni, le parole e le esperienze, la via è ed io posso solo accoglierla, trasformando in mezzo me stesso, morendo all'orgoglio di sapere quello che non può essere nella mia vita costruita, ma solo in quella liberata dall'inutile peso della morte, il peso dell'umanità lenta e grigia a cui, non è bene appartenere più.

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