mercoledì 11 maggio 2011

Johann Wolfgang Goethe - Della teoria dei colori



Goethe lavorò con intensità dal 1790 circa a questo saggio, che venne poi pubblicato a Tubinga nel 1810. La decisione di occuparsi in profondità del fenomeno del colore venne a Goethe soprattutto in Italia quando, in stretto contatto con artisti e pittori, sentì la necessità di avere idee e concetti chiari che lo aiutassero nella colorazione dei quadri. Giunse ben presto alla convinzione "che i colori, in quanto fenomeni fisici, dovevano essere studiati partendo dalla natura, se si vuole ottenere qualche conclusione in relazione all'arte" (Farbenlehre Historischer Teil, Konfession des Verfassèrs). La teoria è tutta incentrata sul rifiuto dell'allora dominante teoria newtoniana del colore, secondo cui esso era una componente della luce: i colori, secondo la teoria corpuscolare della luce, erano cioè l'effetto delle diverse proporzioni delle loro miscele. Ma per Goethe la spiegazione di Newton, basata sulle quantità e su quanto è misurabile, lasciava fuori l'essenziale del colore, vale a dire la specifica "qualità del colore", come essa ci si presenta per esempio nel giallo, nel rosso e nel blu. Soltanto con la trasformazione della luce nell'occhio di chi guarda si forma il singolo colore. La "teoria dei colori" goethiana si distanzia cioè già nella motivazione da quella delle scienze naturali. Egli ricerca infatti nel colore, quale fenomeno della natura, un chiarimento sulla possibilità di usarlo quale mezzo artistico. Da ciò la necessità di trovare una legge che spieghi sia il fenomeno, sia la sua azione sull'uomo. Goethe non vuole quindi studiare nè la luce nè l'occhio: li dà come già conosciuti; lo interessa soltanto il vivo rapporto dei due, quale si manifesta nel colore. Non è quindi possibile paragonare la Teoria dei colori all'Ottica di Newton. La teoria goethiana infatti, per quanto errata fosse nel campo della fisica la sua polemica contro Newton, rappresenta un tentativo di spiegare il "colorato" mondo che ci circonda e che l'uomo recepisce con i sensi: essa vuole cioè oggettivare il mondo pur a un livello di soggettività. Così anche lo spirito degli esperimenti goethiani differisce profondamente da quello tipico degli esperimenti delle scienze naturali, in quanto in essi "l'oggetto non è isolato nè dai suoi rapporti con gli altri fenomeni, nè dal suo legame con l'osservatore: gli esperimenti goethiani mantengono sempre il loro carattere di esperienza", (Erlebnis). L'opera è divisa in tre parti: una didattica, una polemica e una storica. Nella prima parte Goethe esamina i colori secondo il loro aspetto "fisiologico" (quale prodotto dell'occhio), "fisico" (messo in evidenza da vari mezzi: prismi, lamine sottili) e "chimico" (in quanto il colore aderisce ai corpi come le vernici). Nell'ultimo capitolo di questa prima parte viene esaminata l'azione sensoriale e morale dei colori; da questi deriva poi la loro azione estetica. Nella seconda parte Goethe confuta la teoria di Newton e per far ciò riporta lo stesso testo del primo libro dell'Ottica: accusa Newton di aver barato per poter giungere alle conclusioni che si era prefisse. Nella terza parte esamina le teorie sul colore quali si erano susseguite dai Greci fino alla teoria del Newton.
(fonte http://www.parodos.it)







     

 








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