lunedì 22 agosto 2011

After Silence



Il brano che descrive al meglio una mia esperienza interiore, molto forte, di seconda(ma pure terza) rinascita.
Meglio di tante parole... preferisco far parlare queste note, per mostrare il senso di infinito che è riposto in noi.

Buon ascolto.


mercoledì 10 agosto 2011

Meister Eckhart - Il Tao nella mistica Cristiana


Eckhart von Hochheim, meglio conosciuto come Meister Eckhart (in italiano: Maestro Eckhart; Tambach-Dietharz o Hochheim, 1260 – Colonia o Avignone, 1327/1328), è stato un teologo e religioso tedesco.

È stato uno dei più importanti teologi, filosofi e mistici renani del Medioevo cristiano, e ha segnato profondamente la storia del pensiero tedesco.


L'insegnamento mistico del teutonico asceta eretico, è quanto di più potente si possa trovare, nella mistica cristiana, dal punto di vista della comprensione del concetto di Dio, come al di fuori della possibilità puramente umana, ispirando in seguito Schopenauer ed Hegel.
Vi lascio qualche suo scritto suggerendo, per chi ha problemi a "digerire" la parola Dio, di sostituirla con "Via" e ad immaginarsi un contesto orientale, del III A.C.
Ma la verità potrebbe anche non aver nome.

Lo spirito libero è quello non turbato da nulla, non legato a nulla, che non fa dipendere da alcunché il suo bene supremo, che in nulla mira a quanto è suo, ma è completamente sprofondato nella dolcissima volontà di Dio e ha deposto ciò che è suo. E la più intensa preghiera, la più potente per ottenere qualsiasi cosa, e l'opera fra tutte superiore, è quella che proviene da uno spirito libero.

"Chi è come deve essere si trova bene in ogni luogo e con chiunque, ma chi non è come deve essere non si trova bene in nessun luogo e con nessuno. Colui che è come deve essere ha Dio vicino a sé in verità, e chi possiede Dio in verità, lo possiede ovunque: per la strada e accanto a qualsiasi persona, così come in chiesa, in solitudine o nella cella. Se un uomo siffatto lo possiede veramente, e possiede lui soltanto, nessuno gli può essere di ostacolo. Questo perché egli ha Dio solo e a Dio solo va la sua intenzione, e tutte le cose divengono per lui Dio solo. Un tale uomo porta Dio in tutte le sue opere e in ogni luogo, ed è Dio soltanto a compiere tutte le opere di un tale uomo. L'uomo deve cogliere Dio in ogni cosa, e abituare il proprio spirito ad aver Dio sempre presente in sé, nella propria intenzione e nel proprio amore. Considera dunque in che modo sei rivolto a Dio quando sei in chiesa o nella tua cella, e mantieni un'identica disposizione dello spirito anche in mezzo alla folla, nel tumulto, fra le cose disuguali. Chi possiede Dio nella sua essenza, coglie Dio nella sua divinità; per quest'uomo Dio risplende in tutte le cose: per lui infatti tutte le cose sanno di Dio e in esse egli vede la sua immagine."


"Non si deve cercare niente, né conoscenza né scienza, né interiorità né devozione né pace, ma soltanto la volontà di Dio. Se si cerca soltanto la volontà di Dio, si deve accettare quello che ci capita o che ci viene manifestato, come un dono di Dio e non stare a vedere e considerare se venga dalla natura o dalla grazia, o da dove o in qual modo: tutto ciò deve essere per noi indifferente. Allora uno è come deve essere; e si deve condurre una semplice vita cristiana, senza mirare a una condotta particolare. Quel che si fa è sempre sufficiente, se v'è in noi l'amore di Dio. L'anima è fatta per un bene così grande ed alto, che essa non può in alcun modo trovare riposo, ed è sempre infelice, finché non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa è fatta. Non vi giunge però con impeto, con la rigida ostinazione a fare questo e a lasciare quello, ma con la mitezza, in fedele umiltà e rinuncia a se stesso, nei confronti di tutto quello che capita. A questo mira ciò che si può consigliare e insegnare: che l'uomo si lasci condurre e non abbia che Dio in vista, per quanto questo si possa presentare con molte e diverse parole. L'uomo non deve pensare di progredire in una vita buona per il fatto che digiuna molto o compie molte opere esteriori; un segno del suo progresso è invece l'avere maggiore amore per le cose eterne e più avversione per quelle effimere. L'uomo deve rivolgere il proprio volere a Dio in ogni opera ed avere negli occhi Dio solo. E così proceda e non abbia timore, senza stare a considerare se così va bene per non compiere passi falsi. L'uomo deve seguire la prima ispirazione e procedere avanti; allora giunge dove deve e va bene così"


L'uomo deve essere libero e signore delle proprie opere, senza essere distrutto né costretto.


Di seguito, pubblico anche il testo della bolla di scomunica, che, paradossalmente, aiuta meglio a comprendere l'anima di questo spirito libero, sicuramente più in linea con un pensiero tradizionale, di quanto allora lo fosse la chiesa.



Nel campo del Signore, di cui, per disposizione divina, anche se immeritatamente, Noi siamo guardiano ed operaio, dobbiamo esercitare la cura spirituale così vigilmente e prudentemente che, se un nemico vi sparge zizzania sopra il seme della verità, essa sia soffocata sul nascere, prima che germogli con una germinazione nociva, e così - distrutto il seme dei vizi e strappate le spine degli errori - la messe della cattolica verità possa crescere abbondantemente.

Con grande dolore annunciamo che, in questi tempi, un certo Eckhart, dei paesi tedeschi e, secondo quanto si dice, Dottore e Professore di Sacra Scrittura, dell'ordine dei Predicatori, ha voluto saperne più del necessario, in modo imprudente e non conforme alla misura della fede, allontanando l'orecchio dalla verità e rivolgendosi a delle invenzioni. Sedotto, infatti, da quel padre della menzogna, che spesso assume le forme dell'angelo della luce per diffondere la tenebrosa e odiosa oscurità dei sensi al posto della luce della verità, quest'uomo, condotto in errore contro la splendente verità della fede, ha fatto crescere nel campo della Chiesa spine e zizzania, sforzandosi di produrre cardi nocivi e velenosi rovi. Ha così insegnato numerose dottrine che oscurano la vera fede in molti cuori, esponendole specialmente nelle sue prediche di fronte al popolo incolto ed anche ponendole per iscritto.

Dall'indagine svolta in proposito contro di lui, prima per ordine del nostro venerabile fratello Enrico, Arcivescovo di Colonia, e poi ripresa per nostro ordine dalla Curia romana, abbiamo appreso in modo evidente, per confessione del medesimo Eckhart, che egli ha predicato, insegnato e scritto ventisei proposizioni, che suonano così:

I - Essendo stato interrogato una volta sul perché Dio non abbia creato prima il mondo, rispose che Dio non poté creare il mondo prima, perché una cosa non può agire prima di essere; perciò, appena Dio fu, subito creò il mondo.
II - Similmente si può concedere che il mondo sia esistito dall'eterno.
III - Similmente, nel medesimo tempo e nel medesimo istante in cui Dio fu e generò il Figlio, Dio a lui coeterno e in tutto uguale, creò anche il mondo.
IV - Similmente in ogni opera, anche cattiva - e dico cattiva sia in ordine alla pena che alla colpa -, si manifesta e riluce ugualmente la gloria di Dio.
V - Similmente, chi ingiuria qualcuno loda Dio con quello stesso peccato di ingiuria e, quanto più ingiuria e più gravemente pecca, tanto più loda Dio.
VI - Similmente, chi bestemmia Dio stesso, loda Dio.
VII - Similmente, chi chiede questa o quella cosa, chiede il male e chiede male, in quanto chiede la negazione del bene e la negazione di Dio, e prega che Dio gli si neghi.
VIII - Chi non ha di mira beni, né onori, né utilità, né devozione interna, né santità, né premio, né regno dei cieli, ma ha rinunciato a tutto ciò, e anche a quel che è suo proprio, in tali uomini Dio viene onorato.
IX - Di recente mi sono chiesto se volevo ricevere o desiderare qualcosa da Dio: voglio riflettere molto su questo punto, perché se ricevessi qualcosa da Dio, sarei sotto di lui o suo inferiore, come un servo o uno schiavo, ed egli come un padrone, nel dare - e così non dobbiamo essere nella vita eterna.
X - Noi siamo trasformati totalmente in Dio e mutati in lui; come nel sacramento il pane viene mutato nel corpo di Cristo, così sono cambiato in lui, giacché egli mi rende uno col suo essere, non simile; per il Dio vivente è vero che non c'è più alcuna distinzione qui.
XI - Tutto quello che Dio Padre ha dato al Figlio suo unigenito nella natura umana, lo ha dato anche a me, senza alcuna eccezione, né dell'unione né della santità: lo ha dato tutto a me come a lui.
XII - Tutto quello che la Sacra Scrittura dice di Cristo, si verifica totalmente anche in ogni uomo buono e divino.
XIII - Tutto quello che è proprio della natura divina, è proprio anche dell'uomo giusto e divino: perciò quest'uomo opera tutto quello che Dio opera, e ha creato insieme a Dio il cielo e la terra, e genera il Verbo eterno, e Dio non saprebbe cosa fare senza un tale uomo.
XIV - L'uomo buono deve conformare la propria volontà a quella di Dio in modo tale da volere tutto quel che Dio vuole. Dal momento che Dio in qualche modo vuole che abbia peccato, io non devo voler non aver commesso peccati, e questa è la vera penitenza.
XV - Se un uomo avesse commesso mille peccati mortali e fosse in buona disposizione, non dovrebbe voler non averli commessi.
XVI - Dio non comanda propriamente alcuna azione esteriore.
XVII - L'azione esteriore non è propriamente buona né divina, né Dio la opera propriamente, né la genera.
XVIII - Dobbiamo portare il frutto non delle azioni esteriori, che non ci rendono buoni, ma di quelle interiori, che il Padre, che abita in noi, fa ed opera.
XIX - Dio ama le anime, non l'opera esteriore.
XX - L'uomo buono è l'unigenito Figlio di Dio.
XXI - L'uomo nobile è quel Figlio di Dio unigenito che il Padre ha generato dall'eternità.
XXII - Il Padre genera me come suo Figlio e come suo stesso Figlio. Tutto quel che Dio opera, è uno; perciò genera me come suo Figlio senza alcuna distinzione.
XXIII - Dio è uno secondo tutti i modi e sotto ogni aspetto, per cui non è possibile trovare in lui alcuna molteplicità, né ideale né reale; infatti chi vede la dualità o la distinzione, non vede Dio, perché Dio è uno al di fuori e al di sopra del numero, e non si somma con niente altro nell'uno. Ne consegue che in Dio stesso non può esserci né essere pensata alcuna distinzione.
XXIV - Ogni distinzione è estranea a Dio, sia alla natura che alle persone; giacché la natura stessa è una e questo stesso uno, ed ogni persona è una e lo stesso uno che è la natura.
XXV - Quando si dice: "Simone, mi ami più di costoro?" (Giovanni 21,15), il senso di questo "più di costoro" indica il bene, ma non la perfezione. Infatti dove c'è un primo e un secondo c'è un più e un meno, una gradazione e un ordine, ma nell'uno non c'è né grado né ordine. Perciò chi ama Dio più del prossimo agisce bene, ma non perfettamente.
XXVI - Tutte le creature sono un puro nulla; non dico che siano poca cosa o qualcosa, ma che sono un puro nulla.
 
XXVII - C'è nell'anima qualcosa di increato e increabile; se tutta l'anima fosse tale, sarebbe increata e increabile; e questo qualcosa è l'intelletto.
  • XXVIII - Dio non è né buono, né migliore, né ottimo; perciò dico male, quando dico che Dio è buono, come se chiamassi nero il bianco.
  • Noi abbiamo fatto esaminare le proposizioni sopra addotte da numerosi dottori in Sacra Teologia e le abbiamo esaminate con cura noi stessi, insieme con i nostri fratelli. In conclusione, sulla base del giudizio di quei dottori, come del Nostro stesso esame, abbiamo constatato che i primi quindici dei suddetti articoli, ed anche gli ultimi due, sia per i termini adoperati, sia per la connessione dei loro contenuti, contengono errori e la macchia dell'eresia. Invece, gli altri undici, il primo dei quali comincia: "Dio non comanda, ecc.", li abbiamo trovati pericolosi nella espressione, molto temerari e sospetti di eresia, benché, mediante molti chiarimenti e spiegazioni, possano ricevere o avere un senso cattolico.

    Perché simili proposizioni o il loro contenuto non corrompano il cuore della gente semplice, alla quale sono stati predicati, né guadagnare credito presso altri, Noi, su consiglio dei nostri suddetti fratelli, condanniamo e riproviamo espressamente come eretici i primi quindici articoli e i due ultimi; come pericolosi nella espressione, temerari e sospetti di eresia gli altri undici sopra citati, e similmente tutti i libri e gli opuscoli di questo Eckhart, che contengono i suddetti articoli o uno di essi. Se poi qualcuno osasse sostenere ostinatamente o approvare questi articoli, vogliamo e ordiniamo che, contro chi difendesse o approvasse i quindici sopra citati e i due ultimi, o uno di essi, si proceda come contro eretico; mentre contro chi difendesse o approvasse gli altri undici, quanto al loro testo, si proceda come sospetto di eresia.

    Vogliamo inoltre far sapere, sia a coloro davanti ai quali furono predicati o insegnati gli articoli suddetti, sia a tutti gli altri che ne sono venuti a conoscenza, che - come risulta da un pubblico atto in seguito redatto - il sunnominato Eckhart, confessando alla fine della sua vita la fede cattolica, revocò, quanto al loro senso, ed anche ripudiò i ventisei articoli suddetti, che riconobbe di aver predicato, ed insieme sconfessò tutto quello che, da lui predicato o scritto o insegnato nelle scuole, potesse indurre nell'animo dei fedeli un senso ereticale, o erroneo e contrario alla vera fede. Tutto ciò egli volle che fosse ritenuto assolutamente e completamente revocato, come se avesse sconfessato questi articoli ed il resto uno per uno e separatamente, sottomettendo se stesso e tutti i suoi scritti e tutte le sue parole alla decisione Nostra e della Sede Apostolica.


















I Koan del guerriero



Non presenterò qua la mia opinione su C.Castaneda(si è detto tutto ed il contrario di tutto e la mia opinione, si perderebbe nei contrasti), ma solo alcune "lacrime concettuali"(in una lista che, di tanto in tanto, aggiornerò), che, a causa della loro potenza anti-pensiero dialettico, assumono, talvolta, la valenza di veri e propri Koan Zen, rappresentando una miniera preziosa di coscienza stampata per chi vuole abbandonare le fumose vie del raziocinio ad ogni costo e per chi , furbescamente, ha intravisto la possibilità di trarne una sin troppo generosa ispirazione, per i propri scritti. (P.C.)

Solo un pazzo accetterebbe il compito di diventare un uomo di sapere.Un uomo con la mente lucida, deve essere attirato a farlo con l'inganno.Ci sono eserciti di invididui che si dedicherebbero volentieri a tale missione, ma essi non contano. Di solito sono pazzi, teste vuote che esteriormente sembrano apposto, ma si tradiscono appena sono messi sotto pressione, appena sono riempito d'acqua.


Un guerriero pensa alla propria morte, quando le cose si fanno nebulose.
L'idea della morte è la sola in grado di temprare il nostro spirito.





Un guerriero deve sapere prima di tutto, che le sue azioni sono inutili e, nonostante ciò, deve procedere come se lo ignorasse. Questa è la follia controllata dello sciamano.

Un guerriero non ha nè onore nè dignità, non ha famiglia nè nome nè patria ma solo vita da vivere e, per questo, il suo solo legame con gli altri uomini, è la sua follia controllata



Un guerriero vive agendo, non pensando di agire e neppure pensando a quello che penserà quando avrà finito d'agire.


Un guerriero può scegliere di restare completamente impassibile e di non agire mai e di comportarsi come se, tale impassibilità, sia davvero importante per lui(
Lao-tzu  ndr.); anche in questo, sarebbe del tutto fedele a sè stesso, perchè anche questa sarebbe la sua follia controllata


L'uomo comune vince o perde e, a seconda dei casi, si fa persecutore o vittima.
Queste due condizioni hanno ragione di esistere finchè un uomo non vede: il vedere disperde ogni illusione di vittoria, sconfitta o sofferenza.


Negare sè stessi, è un atto d'indulgenza.

L'indulgenza del negarsi è di gran lunga la peggiore; ci induce a credere di compiere grandi cose, quando di fatto, siamo fermi nel nostro ego.


In nessuna circostanza, ciò che gli esseri umani fanno, può essere più importante del mondo.
Un guerriero, quindi, considera il mondo un mistero infinito e le azioni degli uomini, un'infinita follia.


GLi uomini non capiscono quasi mai che è possibile tagliare fuori qualsiasi cosa dalla propria vita, in qualunque momento, con un battito di ciglia.


Un guerriero non ha bisogno di una storia personale: un giorno scopre che non gli è più necessaria e l'abbandona.


Finchè si considera la cosa più importante del mondo, un uomo è incapace di apprezzare, nel giusto modo, la realtà che lo circonda: è come un cavallo con i paraocchi; tutto ciò che vede è sè stesso, separato dal resto.(
vedi L'uomo nella natura dell'uomo )


Un guerriero agisce come se sapesse quello che fa, mentre in effetti non sa nulla.










lunedì 8 agosto 2011

I figli di Kronos


Credo di aver già parlato abbastanza di quello che è stato prodotto in seno al movimento new age, riguardo alle sue cause e al contesto sociale e neo-spirituale in cui si è sviluppato tutto ciò,(la "seconda religiosità" della fine dei cicli) e, dopotutto, non mi interessa poi molto, "discutere di poesia con ubriachi", quello che realmente mi interessa è contemplare come, nello specifico, certe "entità", reali o meno, usino o forse, non possano fare a meno di usare, elementi simbolici(sia numerici che fonetici) presi dall'autentica sapienza esoterica, perchè invenzione umana o meno, spirito trascendente o meno, è impossibile svincolarsi dall'archetipo collegato direttamente all'idea ancestrale, che aiuta i più "valorosi" a vedere tra i fumi della menzogna ed i meno "esperti" a sentire che sono comunque vincolati ad una realtà superiore(ma anche infinitamente inferiore), fidandosi di quello che viene semplicemente loro detto.
L'entità a cui mi riferisco stavolta risponde al nome di Kryon.
Fa la sua comparsa la prima volta verso la fine degli anni 80, "canalizzato" da Lee Carroll, ingegnere del suono statunitense, arrivando, in seguito anche in Africa e nel "bel paese", servendosi di altri due tramiti umani, che "canalizzano" il suo "verbo".
Il suo messaggio è assolutamente associabile al movimento della "nuova era" spirituale, con tanto di informazioni sui bambini indaco, DNA esoterico, entità angeliche e ogni tipo di possibile attrezzo luci-ferico, occupandosi anche di "ricalibrare il campo geomagnetico della terra".

Ma prima di addendrarci in parti di messaggi di cui possa servirci l'esempio, andiamo valutare meglio l'origine del nome, di "costui".
Stando a quello che si può leggere sulla rete , Kryon è in realtà un acronimo spirituale creato appositamente per utilizzare la vibrazione del numero 11 adatta a questo scopo. Difatti, il suo nome per esteso è Kyrie Eleison, che significa “Signore dammi la forza di essere capace di provare compassione per me stesso e per gli altri".

 Ora, è ben noto che la frase Kyrie eleison(Κύριε ελέησον), il cui significato autentico è "signore, pietà"(o in bizantino:" signore mostrami la tua benevolenza") è una formula di risposta (insieme a "Cristo pietà") che segue l'atto penitenziale, nella messa cattolica(derivata dal rito di Gerusalemme, del IV sec. D.C.)
L'origine di questa preghiera, si ha nel vangelo di Matteo.

Notiamo come quindi, già nella traduzione che si vuole dare c'è una netta differenza tra l'idea di compassione cristiana, che può arrivare solo da Dio/Cristo, in direzione dell'uomo e il concetto più antropo-centrico, che vuol fare si che, in virtù di della forza data da Dio, sia l'uomo a elargire, per sè stesso e gli altri, la compassione, attributo divino trascendente, che poco gli appartiene.(la "compassione" è un termine che gli Evangelisti hanno praticamente coniato per Gesù, un attributo divino che prende tutto il suo senso se,colui che prova la compassione, è in una posizione di  netta superiorità rispetto agli altri.)
Per quanto riguarda l'acronimo, la spiegazione sulla base della vibrazione del numero 11(di cui ho scritto su questo blog, ma il discorso si farebbe troppo vasto, per poterne parlare in questa sede)è alquanto debole, se non fantasiosa e, come tale,  giustificabile all'infinito con le solite motivazioni neo-spirituali che, tanto per cambiare, sconfinano in un moderno "atto di fede", travestito da "quando sarete pronti capirete, ma sappiate che una parte trascendente di voi già lo sa". (fantastico)
Sicuramente è difficile, in seguito poi alla traduzione edulcorata e sovvertita della formula da cui deriva l'acronimo, capire che il nome Kryon derivi da Kyrie eleison: probabilmente avendo scritto "kyron" (il nome, su cui in seguito torneremo, sarebbe stato scritto così nella maniera migliore, per essere considerato, appunto, un acronimo) si sarebbe persa la "tanto benefica" vibrazione del numero 11, chissà...quindi accettiamo il nome per come è e continuiamo l'analisi.

Parlando di simbologia, fonemi ed archetipi, esistono alcune formule consonantiche che, legate inscindibilmente alla tradizione e alle origini dell'uomo, mantengono sempre la stessa idea, uscendo  fuori inconsciamente, sia quando si vuol dare una rappresentazione linguistica dell'idea originale di partenza, sia quando "qualcosa" si presenterà a noi, costringendoci ad attingere dall'archetipo, sempre connaturato con lo stesso concetto, per avere una traduzione in parole che presentano caratteri simili.(Ad esempio il nome ISHTAR, nelle sue mille forme, collegato sempre ad un'immanente realtà)
Ne: "i Simboli della scienza sacra" R. Guénon, parla del gruppo consonantico KRN, in questi termini, nel capitolo dedicato al simbolo delle corna:
Secondo René Guénon la parola cornus sarebbe connessa con l'appellativo Karneios di Apollo e con il nome del dio Kronos, attraverso una radice KRN che avrebbe il significato di "potenza". Tale significato sarebbe dedotto dalla valenza delle due divinità prese in esame: Kronos è il dio del cielo più elevato nella tradizione astrologica (corrispondente al Satya Loka della tradizione induista) e il suo corrispondente romano Saturno è il sovrano dell'età dell'oro (il Satya Yuga dell'induismo); Karneios invece sarebbe il dio del Karn, cioè del "luogo elevato" (il cairn nelle lingue celtiche è il mucchio di pietre che indicano un tumulo).Secondo Guénon il simbolo delle corna di ariete ha una valenza solare, quello delle corna di toro ha invece una valenza lunare (quest'ultimo in qualche modo confermato anche dalla forma stessa delle corna di toro).Si trova nell'Apocalisse, dove vengono citate due figure cornute di potenza assoluta e opposta l'Agnello e la Bestia; Alessandro Magno nella tradizione araba viene chiamato al-Iskandar dhul-qarnaim, cioè Alessandro "dalle due corna", che secondo Guénon viene inteso come simbolo del suo duplice potere su Oriente e Occidente, ma anche come riferimento alla sua autoproclamata discendenza dal dio Ammone, la cui raffigurazione era caratterizzata dalle corna d'ariete."

Ora, qualunque valore noi vogliamo dare, secondo la nostra possibilità logica o secondo le giustificazioni new-mistiche, al nome di tale entità, è difficile andare oltre l'evidenza di tali aspetti simbolici.
Guenon, parte dal corno per spiegare, in virtù della radice KRN, una duplice origine, appunto solare e lunare, disseminata in varie culture, due aspetti, in ogni caso della potenza (le corna come raggi di luce sul mondo).
Quindi "elevazione" e "Potenza", simbolo delle corna(ma anche della corona e delle "spine", corna naturali, in contrapposizioni a quelle animali, simbolismo che si fonde con quello della corona nella passione di Cristo) e analogie inquietanti, con ambivalenti divinità, presenti naturalmente nel nome dell'entità angelica, che lavora per la nostra evoluzione, per la magnetosfera terrestra ed il cui sedicente significato del nome, è una sovversione rispetto all'originale.
Vale la pena comparare la descrizione della bestia "cornuta" dell'apocalisse di Giovanni, con la presentazione che Kryon fa di sè stesso.

"Vidi poi sorgere dalla terra un’altra Bestia, che aveva due corna come quelle di un agnello, ma che parlava come un drago. Essendo ai servigi della prima Bestia, ne instaurava ovunque l’impero, e induceva la terra e i suoi abitanti ad adorare questa prima Bestia, la cui piaga mortale era stata guarita. Essa compì strabilianti prodigi, perfino quello di far discendere, sotto gli occhi di tutti, il fuoco del cielo sulla terra; per mezzo di questi prodigi sedusse gli abitanti della terra."


"Vi ho detto che il Kryon proviene dal Sole dentro il Sole, dalla grande area centrale. Ecco il tema del centro che va verso l'esterno. Ora vi dico che ha un altro nome, uno che sentirete spesso (cercate la prova). E' la Forza Creativa Primaria.(Ammone- Amon - "creatore di tutte le cose" ndr.) Questo è il luogo da dove io emano. Ciò che faccio ora per voi, l'ho fatto per altri molte, molte volte. E' l'amore e la compassione dello Spirito che mi manda a voi ora, e che vi ama mentre siete qui seduti ... ciascuno per nome."

"Così vi diciamo, emulate i maestri che hanno camminato su questo pianeta prima di voi. Cosa avevano loro che voi non avete? La prima cosa è… proprio nulla! Erano tutti Esseri Umani. Non erano super-creature e non nacquero diversi da voi. Colui che disse di essere il Figlio di Dio è stato molto chiaro al riguardo. Egli disse: “Io sono il Figlio di Dio e lo siete anche voi!”
Voglio dirvi che ciò che Egli vi ha mostrato è quello che voi potete fare con la maestria. Potete trasformare la materia, potete far andare all’indietro l’orologio che è nel vostro DNA, potete creare una guarigione che è al di là di quella che mai avreste pensato di riuscire a fare, e questo viene direttamente dal Sé Superiore dentro di voi. L’energia dei maestri è con voi, e la sola ragione per cui sono venuti fu per essere degli esempi, così che voi poteste vedere e fare altrettanto
."(quale delle due bestie cornute si potrebbe far pari all'altra? )

"Kryon dice che i potenziali per l’umanità sono molto buoni e che ci stiamo davvero muovendo verso una direzione positiva, solo che è difficile da vedere. Quando si vedono i notiziari della sera le cose sembrano orribili, ma questo è il risultato dovuto al risplendere di una luce più brillante che sta continuando da molto. Si cominciano a vedere cose che non si sono mai viste prima. Vedete la corruzione e l’orrore e il male che ci facciamo a vicenda rivelarsi chiaramente. Sono sempre stati là, ma si stanno rivelando ora in una nuova luce."

Considerato poi, il continuo ribattere sull'assenza di un autentico male, frutto dell'esperienza scelta dall'uomo e non come un'immanente forza che agisce su esso, è solito, infatti,affermare che"Lucifero non esiste", si inizia ad avere un quadro più completo, di tutta la situazione.
Il "figlio di Dio" che in fondo era uomo assolutamente come noi (che però di Lucifero parlava e con lucifero combatteva), Dio non nell'uomo, ma uomo come Dio, discorsi mistici e tecnologici(Angeli, spirito, DNA e griglie della magnetosfera), rimandano piuttosto in fretta verso un tema già trattato in queste pagine, quello delle entità asuriche.
E se non bastasse la tematica sino a qua esposta, ricordo pure che KRoNos,  quando viene assimilato alla tradizione induista, risulta essere il nemico dei DEVA, come, in quanto titano, era nemico degli "olimpici", ovvero appare come un ASURA.
Volendo pure riprendere l'acronimo scritto correttamente del "Kyrie eleison", ovvero Kyron, non si può, non notare una somiglianza con il nome di Chirone, il mitologico centauro figlio di, non a caso, KRoNos, il quale, dopo aver ricevuto, per errore, un freccia avvelenata da parte di Ercole, arrivando a soffrire in maniera indicibile e non potendo morire in virtù della sua natura divina,  finì per barattare la sua immortalità con Prometeo(di cui abbiamo parlato qua), a cui Zeus l'aveva levata.
Certo Chirone, era una figura tutt'altro che negativa(ed in effetti, scrivere Kryon piuttosto che Kyron, rappresenta l'ennesima sovversione, pur restando intatta la derivazione da KRN), ma l'idea della "maestria divina" e la sua morte, la cui causa prende le mosse da un'azione di una divinità solare(per quanto, con Ercole, fossero amici), fa chiaramente da compendio all'oggetto del nostro dibattere, mostrandoci che un'entità solare difficilmente si manifesta dicendo di essere solare, sarà più vero il contrario.
Sostanzialmente, cercare di far collimare temi tradizionali, senza le necessarie motivazioni antitetiche, con un discorso neo-spirituale, fa nascere molti dubbi, che trovano terreno fertile nel nome stesso, Kryon, che rappresenta l'idea, tutt'altro che angelica, del comando e della potenza inarrivabile, tradendo sino a partire dal suo stesso auto-appellarsi, un'intenzione stordente, mistificatrice e dissolutrice, sicuramente tesa allo svalutare, passando per la lusinga della divinità umana,  l'eco ancestrale che in tutt'altra direzione ci ricorda che l'uomo deve andare, fino a lapalissiane affermazioni che si scagliano in toto contro l'esoterismo, visto solo nella sua banale(ed in esistente) accezione negativa, accusando questo di tutto il male che è presente, come sempre creato dall'uomo e come scelta fondamentalmente errata, incontrando il tema della lettura alla lettera dei testi sacri, tipico dell'agire arimanico.
Qualcuno potrebbe negare l'importanza dei nomi, ma, è bene ricordare che, se è vero che qualcuno si manifesta lo fa con un nome(ricordo il dibattito millenario sul tetragramma sacro di Dio) e, sebbene costui lo motivi(proprio perchè è palese che un nome trascendente debba attingere a qualcosa di trascendente, non è dato ma è "rivelato") il suo parlare, rimanda ad una strada che è tutta l'opposto, rispetto a quello che si vuol far credere.
Dopo tutto, non credo che sia necessario ricordarvi chi è "la scimmia di Dio" e chi è che , pur di restar nascosto, decide di interpretare la parte del nemico.
Certo è che, anche senza il Channelling, certi temi, sono trattati comunque in questi termini  nel mondo "new-age", ma è anche vero che, in virtù di quello che può apparire, seguendo il destino tracciato da questa era, il Kali-yuga, non è impossibile pensare che qualcuno abbia preso in mano le redini della situazione, incarnando il volere dell'"avversario", in qualunque modo voi vogliate immaginarvelo: alieno, demone, Dio del passato o residuo psichico di un'epoca che fu, quello che faccio io, è quello che fa il guardiano del faro, quando vede il cielo senza stelle, non è certo dire quello che non so.
Quello che so è che vedo una frase sacra, intrappolata in una corona di spine.

venerdì 5 agosto 2011

L'uomo nella natura dell'uomo.

 
Prima di studiare lo zen, i monti erano i monti e le acque erano le acque; quando cominciai a studiare lo zen, i monti non erano più i monti e le acque non erano più le acque. Dopo l’illuminazione, i monti sono tornati ad essere monti e le acque sono tornate ad essere acque.


La vita attuale degli uomini occidentali (ed occidentalizzati) è un paradosso nel paradosso, si è lentamente trasformata in una una serie di parti, distaccate , che comunicano tra di loro con specchi opachi rimandanti ad immagini poco nitide, invece che essere connesse in virtù di una solida percezione del tutto, come un insieme apparente di parti, suddivise per gradi d'importanza animica, piuttosto che per un'autentica separazione.
E questi filtri percettivi, hanno la loro più grande espressione nell'esplicazione emotiva che fuoriesce ogni qualvolta si crede di affrontare un'esperienza profonda in relazione al tutto che ci circonda, ma che profonda non è.
Come spesso scrivo, questo è frutto del tempo, del logorio instancabile dell'orologio con  lancette che si muovono come lame di una forbice :da una parte ci siamo noi, dall'altra tutto il resto.
 Molti saranno portati a fingere emotivamente(credendo che sia reale) una ricongiunzione con la parte che si è allontanata dalla nostra essenza, pochi si spingeranno a ritrovare duramente la forza per ricostituire, almeno in parte, quello che era in passato.

Quando parliamo della natura, del rapporto dell'uomo con quello che lui non ha creato, ma che intorno a lui da sempre e da prima di lui, esiste, nascono molti problemi, che, personalmente, credo di vedere bene, in quanto sperimentatore delle tre fasi emblematiche ben espresse dal sopracitato Koan zen.
Sono nato in mezzo alla campagna, tra campi, viti, animali, contadini che mi avevano quasi adottato(ed avevano sicuramente adottato la mia primigenia natura) con la notte buia senza luci dell'uomo, tra pipistrelli e lucciole, falene e  luna che scandiva i ritmi delle "veglie" estive.
E' ovvio che, avendo tutto questo dal principio, mi trovavo in una sorta di equilibrio perfetto, tra il mio crescere ed il mio percepire il mondo bucolico antico, prendendo tutto come normale, sentendolo come normale, dai piedi sull'uva a settembre, all'immancabile odore che, al contrario della rondine, faceva primavera, arrivando sino a vedere con serenità la contadina che "tirava il collo" a qualche gallina che scorrazzava libera nell'aia, sotto casa.
In realtà, le uniche ravvisaglie di "stupore" che mi sopravvenivano, legate al fatto di vivere in un mondo per molti "incredibile", provenivano dai miei genitori, entrambi nati  tra  mura di città e, manco a dirlo, dalla televisione, che, al momento di parlare di certi luoghi, simili a quelli in cui ero nato ed in cui vivevo, non mancava di lesinare colonne sonore a base di pastorali Beethoveniane e "stagioni" vivaldiane, con "suggestive" parole, come contorno, per quello che era semplicemente il mio ambiente, il mio parco giochi datomi da madre natura e non certo un pacchetto regalo confezionato da Quark, pacchetto che suggeriva un'idea che poco si sposava con l'apparente durezza del contadino che affrontava la propria vita esattamente come un albero affronta la tempesta.
Poi le due lancette dell'orologio a forbice, hanno iniziato ad allontanarsi pure per me ed è stato un allontamento anche fisico, tra me ed il mio grembo naturale, la mia città e la mia regione.
Quello che è successo, è stato un mutamento d'impostazione nei confronti di quello che, intrappolato nel ricordo, non era più il mio ambito vitale corrente, ma solo un idealizzato paradiso in cui tutto era perfetto e semplice: la vita naturale era perduta e viveva nella mia memoria.
Tutte le volte che avevo modo di "riprendere fiato", lo facevo tornando in quei luoghi, immerso in quel verde potente, privo della negativa carica di modernità, che mi opprimeva.
Ma, come avviene quando bisogna dare un nome ad un'epoca storica, dovevo arrivare alla fine di un periodo, per sapere come poterlo chiamare...e quel periodo è stato di separazione.
Non parlo dell'evidente separazione fisica, ma di quella essenziale che c'era tra me ed il modo di fondermi con quello che poi,  in realtà, mi aveva generato.
Fu proprio il Koan messo al principio della pagina, a farmi capire che ero passato da elemento della natura a spettatore meravigliato della natura ed è difficile ammetterlo, quando quello che vuoi negare sembra così "bello", ma ero diventato esattamente un ammiratore di uno degli specchi opachi di cui parlavo, le mie emozioni si erano sostituite alla mia percezione diretta di quello che mi aveva sempre circondato, trasformandomi in un ospite estasiato di un mondo, rispetto a questo, altro.
In seguito a questo e ad altre cose, iniziai a realizzare che tutto ciò era piuttosto diffuso, addirittura era un elemento che agiva anche all'interno della fisicità dell'uomo stesso, soprattutto quando si parla di meditazione o auto-percezione: l'uomo moderno affronta parti di sè, concentrandosi su di esse, esattamente con lo stesso stupore ed emozione con cui affronta parti (apparentemente) distaccate da sè e, l'elemento che crede la parte migliore di questo, addirittura  in certi casi, il risultato(colpa anche dello yoga americanizzato, a base di relax e posizioni inutili) di certe pratiche, corrisponde esattamente al limite che si ha nel relazionarsi "naturalmente" con il tutto.
Ricorda giustamente J. Evola che non è proiettando la propria anima su un qualcosa che si diventa parte di essa, ma è annullandola, che si può divenire quell'albero che vive, proiettandosi verso l'alto, senza nome, senza speranze e senza desideri.
Quando nella mia vita "i monti sono tornati monti e le acque sono tornate acque", ho ritrovato il bambino che viveva nella terra bruciata e che correva tra i gatti ed i conigli, azioni che compivo e basta, tra odori che sentivo e basta e quadri di cui ero un elemento decorativo, non il pittore e soggetto a tempo stesso, imponendo così, la mia razionalità, per quanto ritenuta "mistica", sulla realtà del mondo tutto.
L'uomo nella natura, rischia di diventare "l 'uomo nella natura dell'uomo", in quanto, quello che lo circonda diventa un'esaltazione di ciò che dentro di lui si trova,  non come essenza autentica, ma bensì come riflesso dell'esperienza di vita, creando una separazione incredibile ed un'inversione di polarità tra l'esistenza della nostra fisicità e quella dell' ambiente, in cui crediamo di "rinascere", ma in cui stiamo solo egoisticamente espandendo la nostra idea di "bello".
Guardare un tramonto e provare emozioni non è un crimine, sia ben chiaro, è normale ed è ancora più normale per chi non ha mai vissuto appieno e da subito la natura delle cose antiche, ma ritenere che questo abbia pretese spirituali ed implicazioni superiori al semplice "usare" quello che si ha davanti, come auto-gratificazione, è molto povero e farebbe ridere a crepapelle qualsiasi profondo conoscitore della scuola Zen.
Chi guarda un animale, proiettando su di esso sensazioni, emozioni, ricordi e paure, ama un'idea, non ama l'animale per quel che è che, per sua fortuna/sfortuna può solo vivere il presente, non dovendo lottare come noi con il peso della razionalità scaturità da memoria ed esperienza, chi guarda un animale come una bilancia tra noi e la natura, come essere che pone le sue radici nell'essenza delle cose(e non come un povero umano menomato, con tanto di abitudini, gusti e ricordi) ama sè stesso, la flora e la fauna, ama il mondo e sa cosa sia davvero l'istinto.
Chi, immergendosi nell'acqua, non si sente una scimmia fortunata, ma un collante tra mare e cielo, ama sè stesso e trova sè stesso.
Abbiamo intrapreso un viaggio, pesante e senza sosta, lontano da casa, non crediamo che sia così semplice voltarsi e vedere ancora il nostro punto partenza: nel deserto della percezione e dell'abbandono, creare un qualcosa che parta da noi, per darci la speranza, è il primo passo per avere delle sicurezze, ma il secondo passo è superare questa innaturale pulsione(che tanto naturale sembra), guardare la strada d'innanzi a noi ed essere noi, la via stessa, senza detriti emozionali che funzionino come effetto placebo, per le nostre anime.
Essere realmente sè stessi e non lasciare questo compito alle proprie emozioni, ci riconcilierà con quello che abbiamo perso.

Con un unico chicco d'orzo,la gemma germoglia e,
sebbene la sua funzione
sia la stessa del chicco
che l'ha originata,
se la terra e l'acqua non si uniranno,
il germoglio non diventerà mai orzo.
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La via non è difficile

se eviti di distinguere.

Non amare e non odiare
e sarai nella chiarezza.




Seng Ts'an